Il mio fratello più giovane ha lasciato or ora il Collegio con un carico di libri e di corone d'alloro. Fuori di questo, nessun altro cambiamento è avvenuto in famiglia: mio padre, secondo il solito, rigido, freddo, ritirato; mia madre paziente, mansueta, gentile come prima.
Dacché siamo uomini fatti, le scene spiacevoli avvengono molto più di rado, poiché cerchiamo di evitarle con maggior cura. Siamo anche più liberi e possiamo, dopo cena, uscir di casa a passeggiare, senza farlo di soppiatto.
Cattive notizie delle raccolte ci giungono dallo zio canonico; le ulive, o per un motivo o per un altro, o per il troppo freddo o per il troppo caldo, mancano da due anni.
Mio padre coglie questa opportunità per far le lamentele che noi ascoltiamo in silenzio, e la famiglia è messa nella più stretta economia. Lo zio Giovanni è, come sempre, bizzarro e amichevole. Cesare ed io andiamo a pranzo da lui una volta la settimana, ed allora non manca mai di ripetere che il male è alla radice dell'albero, e che la gioventù è troppo facile a prendere i propri desideri per realtà. Si vede bene che lo zio Giovanni ci tien gli occhi addosso e teme per noi.
Con Fantasio siamo amici come prima e più di prima, se è possibile. Egli è già uscito di sotto al giogo universitario, ed a quest'ora è Doctor in utroque iure (Dottore in legge e in diritto canonico). Il cerchio delle sue relazioni si è a mano a mano allargato, e la sua influenza va estendendosi all'intorno. Ha formato un giornale letterario ed ha fatto l'anno scorso un viaggio in Toscana.
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