Mi sentivo oppresso e quasi soffocato dalla mia felicità. Ma poco dopo il tumulto si acquetava e un senso d'inevitabile dolcezza m'inondava il cuore. Oh gioia sovrumana! Oh estasi senza l'eguale!
Il mio sogno d'amore si è avverato, il mio ideale ha preso una forma ed un corpo; io sono amato! Quale ebbrezza in queste parole! L'angelo delle mie visioni è sceso dal settimo cielo a prendermi per la mano. C'è qualche cosa dentro al mio cuore, che somiglia a un celeste concento! Tutte le mie fibre vibrano in una deliziosa armonia!
Io stavo per coprire di baci il benedetto foglio, quando un picchio alla porta disperse la mia estasi.
Che cosa c'è?
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Il desinare è in tavola
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O prosa vile! Maledetto il desinare! Chi può pensare a mangiare quando si ha il petto inondato di miele iblèo? Anzi quando è imbevuto di nettare e di ambrosia? Così dicendo tra me e me, nascosì la preziosa lettera sul mio cuore ed uscii dalla mia camera.
Sulla porta del salotto da pranzo trovai la Santina che mi sogguardò accigliata. Conoscendo i suoi modi bizzarri, non me ne feci caso. Naturalmente non avevo appetito, e non potei mangiare.
Non vedevo il momento che il desinare fosse finito per tornare solo col mio segreto. Finalmente ci alzammo, ed io rimasi libero.
Mi chiusi di bel nuovo in camera, tirai fuori l'adorata lettera, la spiegai sul tavolino, e sedetti lasciandovi sopra gli occhi, come se avessero la potenza di cavarne fuori il nome, cognome e il recapito della bella scrivente.
Ma siccome le parole rimanevano immobili, e le lettere non davano alcun segno di miracoloso lavorìo, m'infastidii presto di quella vana contemplazione e non avevo più fermezza, per cui presi il cappello ed uscii.
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Santina
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