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      Invano frugai nella memoria; invano misi a tortura il mio cervello; non ci fu caso che ne potessi venir a capo. Questa cosa eccitava vivamente la mia curiosità: onde feci promessa a me stesso di cogliere la prima occasione per parlare con Lilla e vedere se potessi aiutare in qualche modo la mia memoria. Ma questa occasione non venne così presto. Ricevetti da lei altre lettere, ma non parlavano di nuovi appuntamenti. Mi era poi impossibile chiederne uno, non sapendo io né il nome, né il recapito di lei: e anche li avessi saputi, non avrei mai ardito scriverle senza il suo permesso. È vero che la vedevo ogni giorno sui bastioni di Santa Chiara, divenuti per me la immancabile passeggiata di tutti i giorni; ma allora era sempre accompagnata da un giovine alto, bruno e d'un aspetto molto distinto: era senza dubbio suo fratello; e naturalmente non potevo scambiare con lei che un'occhiata o un sorriso alla sfuggita. Nonostante ciò ero felice.
      Vederla, ammirarla in silenzio, seguir le orme del suo piede divino era più che sufficiente a farmi beato. Come era bella coi lunghi e ondeggianti capelli, inanellati intorno al collo, con la svelta ed elegante persona, col passo così risoluto, eppure così tutto suo! Un giorno dovette tirarsi da una parte della strada per l'incontro di due legni che andavano in contraria direzione, ed io, passando accanto a lei, potei sentire lo strofinio della sua veste di seta contro il mio abito. Un'altra volta, mentre la seguivo, si lasciò pianamente cadere una rosa.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Lilla Santa Chiara