Era troppo presto per andare dalla famiglia di Fantasio, e intanto ci mettemmo a sedere e discorremmo della questione. Quanto a me, non conoscevo alcuno dei nostri, eccetto il conte Alberto, e tutto quello che di lui sapevo, si riduceva a questo, che egli era un addetto; del resto, tra noi due non passava alcuna relazione. Cesare si trovava nello stesso caso mio, quanto a conoscenze personali; ma conosceva di nome due individui, i quali, a quanto gli aveva detto Fantasio, appartenevano alla setta. Il primo era un medico che aveva cinque o sei anni più di noi, un uomo piuttosto ruvido e sostenuto, e che io conoscevo di vista: un certo Pedretti; l'altro, un vecchio pieno d'ardore e di attività, di cognome Nasi, il quale era in continua relazione con Fantasio, che lo credeva uno dei capi dell'Ordine. Fu questo istesso Nasi che un anno e mezzo innanzi aveva fatto ammettere Fantasio nella setta. Il modo col quale erasi presentato al nostro amico fu veramente strano. Un giorno, senza farsi neanche conoscere e senza precedente avviso, si recò da lui, e, messo da parte ogni preambolo, gli disse di primo acchito: "So che voi desiderate da molto tempo di essere ammesso tra i Carbonari, ed io son qui pronto a soddisfare i vostri desideri". Probabilmente era stato anche alcuni giorni più tardi l'iniziatore di mio fratello; ma di questo Cesare non ne era sicuro, poiché l'uomo era mascherato. Cesare non dubitava punto che il Nasi potesse e volesse procurarci tutte le necessarie informazioni: e questa sua certezza era per me consolante.
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