Da qualunque parte ci voltassimo, urtavamo contro una muraglia di ferro.
Non era però sola cagione del nostro scoraggiamento la assoluta impotenza in cui eravamo di aiutare gli amici. Nessun tempo, in molto volger di anni, era stato così pieno di speranze e di promesse, come quello lì: nessun tempo sembrava più propizio alle nazioni conculcate per risorgere e rivendicare i propri diritti. Il Belgio aveva allora allora riacquistata la sua indipendenza; l'eroica Polonia era in armi; Bologna e le Legazioni erano insorte; Modena pure sollevata; la rivoluzione alle nostre porte, e noi avevamo i piedi e le mani legate, e nulla, propriamente nulla, potevamo fare per noi. Questo era il nostro tormento, questa la nostra disperazione.
La prigionia di Fantasio durava da un mese, e invano i suoi genitori avevano istantemente domandato il permesso di visitarlo. Nulla era valso: era stato sempre risposto con un no. Ricchi e autorevoli erano ricorsi a tutte le loro conoscenze per muovere a pro del figliuolo personaggi altolocati, e che avevano grandi cariche nella Corte. Intanto la istruzione del processo dei prigionieri procedeva con la più grande segretezza, e nulla ne trapelava in pubblico. Le voci più gravi andavano in giro per la città; si parlava di casse d'armi scoperte, di piani d'insurrezione sequestrati. Alcuni parlavano anche di sentenze capitali e di esecuzioni segrete. V'era, evidentemente, dell'esagerazione in tutte queste voci, e talune erano anche false; ma non per questo tenevano meno agitati gli animi dell'universale.
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