Costoro, col titolo di protettori, ottenevano il grande privilegio di portare il crocifisso bianco o il crocifisso nero, secondo che appartenessero, come patroni, o alla Bianca o alla Nera. Questa dispendiosa onorificenza era sollecitata con un ardore che sapeva di pazzia. Dei gusti non bisogna disputare, dice un proverbio. Pure che cosa guadagnasse la religione da questi spettacoli, io non saprei dirlo. Era una buona occasione per bever molto, per litigare e per abbaruffarsi.
Questa volta la processione dei Neri era aspettata con grande curiosità; ma, bisogna confessarlo, il fatto superò la comune aspettazione. Non si può immaginare nulla di più ricco e di più magnifico.
Le cappe erano di velluto di diversi colori, era velluto di Genova ricamato in oro e in argento. I quattro uomini di una statura gigantesca, che erano alla testa della processione, portavano mazze d'oro massiccio, indossavano cappe di velluto crèmisi così cariche d'oro, che la persona quasi si piegava sotto il peso.
Si diceva che ciascuna di quelle cappe valesse cinquemila lire; le meno costose ne valevano mille. Ogni processionante portava un enorme torcetto, e poteva dirsi con tutta verità che da ogni parte la cera correva a torrenti.
Vi erano quattro grandi croci, composte delle più ricche materie, una di madreperla, coi canti d'oro massiccio; l'altra di tartaruga, ornata d'argento; la terza di ebano incrostato d'oro; e colle estremità guarnite dello stesso prezioso metallo; la quarta finalmente, non solo ornata nelle estremità, ma tutta coperta di piastre d'argento cesellato.
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