L'atteggiamento della leggiadra signorina era incantevole e pieno di grazia ingenua. Il proprietario di quella manaccia, che se ne stava ritto un po' indietro, rimaneva nascosto da quella testolina ricciuta, che poco dopo si mosse e lasciò scoperto l'uomo: era il Beltoni! Quasi nello stesso tempo la testolina ripiglia a un tratto la sua posizione naturale e guarda nella strada: era Lilla! I nostri sguardi s'incontrano, e lei si ritira prestamente. Mi parve che un pugnale mi passasse il cuore! Mi gittai attraverso alla folla come un pazzo, e volai a casa. Il pacco delle lettere e dei ricordi di Lilla si trovava in un cassettino, tuttavia diligentemente legato e sigillato, tale e quale ve lo avevo messo sette mesi innanzi. Lo presi in mano, e siccome non v'era l'indirizzo, vi scrissi sopra a tanto di lettere: Alla signora Marchesa d'Anfo, 3 giugno, un'ora dopo mezzogiorno. Da consegnarsi subito. Mi posi in tasca il pacco e corsi subito dal mio vecchio amico, il giardiniere. Per fortuna un suo nipote, un giovinetto di quattordici anni, si trovava in casa. Lo condussi meco sino al palazzo di Lilla. Gli dissi che salisse su, che desse il piccolo involto alla cameriera; e così fece.
Lilla non era per anche tornata; e fu una fortuna. Tutto questo potei fare in men d'un'ora. Almeno vedrà, pensavo fra me stesso, che io non ho esitato. Detti al giovinetto una buona mancia che gli fece spalancar gli occhi, e un quarto d'ora dopo ero nella mia camera. L'esaltazione d'animo, che fino a quel punto m'aveva sostenuto, si era talmente dileguata, che io mi sentii la morte nel cuore: mi pareva d'esser solo e tanto misero, da vincere ogni espressione.
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