Mi gettai su un sofà, e, nascosto il capo tra i cuscini, piansi come un bambino.
Quando alzai la testa, vidi Santina ritta innanzi a me. La sua presenza importuna mi fece stizza e vergogna a un tempo.
Che fai qui?
le domandai: "cosa vieni a curiosare?".
Mi chiese perdono, e disse balbettando per iscusarsi, che aveva temuto ch'io mi sentissi male.
Da qui innanzi ti prego di non aver simili timori e di esser meno curiosa: te ne puoi andare
. Mortificatissima di quelle parole, si avviò verso la porta.
In Italia, dove la servitù si considera quasi come una parte della famiglia, le si permette sino a un certo punto una dimestichezza coi padroni, affatto contraria agli usi inglesi. Con me poi la dimestichezza di Santina era tanto più grande, perché le avevo insegnato a leggere e scrivere. Sentii di averla trattata troppo duramente, e la richiamai.
Animo, Santina, che cos'è cotesto broncio? So che sei una buona figliuola, e che quel che fai, non lo fai per male
.
Io non la posso vedere in cotesto statorispose singhiozzando.
Allora toccò a me consolarla. "Non temere Santina: son malattie queste, delle quali non si muore; vedrai che presto guarirò".
Vorrei averla bruciata quella lettera! Vorrei conoscere quella signoradisse Santina con ira repressa.
Che lettera e che signora?
.
Quella lettera di mano di una donna, che le consegnai quattordici mesi fa
.
E per cagione della quale forse mi hai tenuto il broncio fin da quel giorno, non è vero?
.
L'animo mi diceva che quella lettera le avrebbe portata disgrazia
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