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      Né si può negare, volendo esser veridici, che i nuovi padroni non si dessero neanche il minimo pensiero per mitigare questa ferita: al contrario, trattavano Genova come un paese conquistato.
      Nondimeno coll'andar del tempo questa animosità incominciò ad addolcirsi e, a dispetto della mala amministrazione del nuovo governo, il fatto della incorporazione non solo fu accettato con una certa rassegnazione, ma fu altresì giudicato come un passo verso la tanto desiderata unità, ed un accrescimento di forza che un giorno si sarebbe potuta svolgere contro il nemico comune. Sventuratamente tale opinione, che era piuttosto comune nella parte colta e liberale della cittadinanza, non oltrepassava questa cerchia, e fatte poche eccezioni, non era penetrata nelle classi popolari, che serbavano sempre i loro risentimenti e si mantenevano di tutto cuore avversi ai Piemontesi.
      La nostra impresa attorno a quest'ultima parte della cittadinanza, ricca di forza e di mente, era di necessità un'opera di conciliazione, piena di molte difficoltà e che voleva molta prudenza; poiché, se da un lato non potevamo fomentare e incoraggiare sentimenti opposti ai nostri e contrari allo scopo che ci eravamo proposti, non potevamo dall'altro affrontare di petto pregiudizi, che avevano messe profonde radici e che dovevano fino a un certo punto rispettarsi, alienando così dalla nostra causa uomini devoti e di buone intenzioni.
      Siete mai stati vicini a una di quelle decorazioni sceniche, che vedute da lontano fanno mirabili effetti?


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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