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      Si pose a sedere colle spalle volte al palcoscenico, quasi dirimpetto a me, ma un po' di fianco. Brillava di tutto lo splendore della gioventù e della bellezza, messe maggiormente in rilievo da un abbigliamento sfarzoso e di un gusto squisitissimo; e m'era così vicina, che potevo sentire il suo ricco italiano. Se mi fossi alzato e avessi stesa la mano, avrei anche potuto toccarla.
      Avrei dato non so che cosa per trovarmi in un altro luogo; ma ero lì e bisognava che ci rimanessi, facendo quanto m'era possibile l'indifferente. Nessuno spettatore mai parve più di me assorto e interessato in quello che avveniva sulla scena, eppure non ci fu mai spettatore che meno lo vedesse e lo sentisse. Tutta la mia attenzione era raccolta e, a così dire, inchiodata sul palchetto, sopra la mia testa e dal mio posto, che era un tantino più indietro, potevo mirabilmente seguire con la coda dell'occhio ogni più piccolo movimento delle persone che v'erano, senza aver l'aria di farlo. Per un po' di tempo Lilla se ne stette composta: suppongo che non si fosse accorta di me: ma il suo contegno divenne ben presto diverso. Si fece inquieta, parlava molto, rideva, e agitava continuamente il ventaglio.
      Dopo la cavatina della prima donna, entrò nel palchetto una Guardia del Corpo, così almeno mi parve, ma non ne ero sicuro, la quale fu ricevuta con grandi segni di gioia. Il conte Alberto uscì, e il nuovo venuto si pose a sedere accanto a Lilla. Si vedeva bene che l'ufficiale le faceva un po' di corte. Poco dopo, lei gli sussurrò qualche cosa all'orecchio.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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