Ma che dico? Se avessi parlato così, e in conseguenza operato, che tempesta di fischi quel buon senso e quel coraggio avrebbero sollevata contro di me da tutte le parti! Quei due stessi giovani, che mi russavano accanto e che mi amavano sinceramente, mi avrebbero giudicato un pazzo o un essere avvilito. In verità, il cervello dell'uomo è a momenti una macchina che lavora in un modo molto curioso!
Continuai così nel mio soliloquio finché caddi addormentato. Sognavo di essere a fronte del mio avversario, pronto a far fuoco, e nonostante tutti i miei sforzi non mi riusciva a tirare il grilletto, quando il Principe mi svegliò; ed io mi trovai con la mano destra addormentata, perché vi avevo dormito sopra con tutto il peso del corpo. In pochi momenti ci vestimmo e uscimmo fuori. Cesare venne con noi, ma ci lasciò alla cantonata della strada per andare in cerca di un giovane chirurgo nostro amico, al quale aveva data la posta, e che doveva stare a qualche distanza dal luogo del duello per prestare l'opera sua, se ce ne fosse stato bisogno.
Era una mattina quieta, serena, sorridente. Quando giungemmo al ponte di Carignano, i primi raggi del sole coloravano la sommità degli Appennini, che sporgevano le loro cime graziosamente dentellate in brillante rilievo contro la parte d'oriente. Alcune barche pescherecce scivolavano, più che non lo solcassero, sul mare sottoposto, il quale era terso e lucente come uno specchio. Alcuni alberi a sinistra della chiesa, di contro a cui ci fermammo, brulicavano di uccellini, che andavano e venivano senza posa dall'uno all'altro e allegramente cinguettavano.
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Principe Carignano Appennini
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