Mi adagiarono dolcemente al suolo, mentre il chirurgo esaminava la ferita: "È una cosa da nulla" disse "una ferita puramente muscolare; ma è necessario che qualcuno vada in cerca d'una portantina, poiché sarebbe impossibile che andasse a piedi". Lo Sforza andò per la portantina, un mezzo di trasporto molto in uso in Genova; e intanto che si aspettava, il chirurgo applicò sulla ferita delle pezzette bagnate con acqua fresca per arrestare il sangue, e il Principe per ordine di lui mi umettava le labbra e le tempie con acqua di Colonia. Poi notai che il Principe prese in disparte Anastasio e i suoi compagni, e supposi che li pregasse di ritirarsi, come difatti fecero. Vidi anche che Anastasio era bianco come un morto. Quando venne la portantina, fui trasportato a casa, e per non destare la curiosità degli altri, fui accompagnato da Cesare soltanto. Lo Sforza, il Principe e il chirurgo ci avevano preceduti e ci aspettavano dentro alla porta di casa per farmi salire le scale e mettermi a letto. Essendo appena le sei, nessuno di casa era alzato; onde potemmo entrare di nascosto, avendo Cesare avuta la precauzione di portar seco una chiave comune.
Il chirurgo allora prese ad estrarmi la palla. L'operazione fu breve e venne eseguita con molta abilità; ma fu però tanta dolorosa, che io svenni. Egli tornò ad assicurarmi che nessun organo vitale era stato offeso; ma la carne era, a detta sua, malamente lacerata. La palla si era ficcata sopra all'anca, precisamente sotto le coste spurie.
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