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      Il fatto, anche come lo raccontava Vittorio, non ci pareva tale da dover ricorrere a quel rimedio estremo che egli proponeva. C'erano di mezzo tanti interessi e tanto gravi, che noi li avremmo posti a rischio senza un'assoluta necessità? Rimaneva tutt'altro che provato che la politica entrasse in qualche modo nell'arresto dei due sergenti. In qualunque caso, non era prudente prendere precipitosamente una risoluzione, prima di essersi accertati della gravità del pericolo che sovrastava alla nostra associazione. Saremmo ricorsi per informazioni a persone sicurissime, e secondo quello che avremmo saputo, ci saremmo risoluti a prendere o non prendere i debiti provvedimenti.
      Fra le molte lettere di raccomandazione, spediteci da Fantasio per mezzo di Lazzarino, ce n'era una del Nasi ad un amico, un vecchio Libero Muratore e Carbonaro; un uomo sicuro, com'egli diceva. Questo signore, sulla sessantina, aveva un ufficio importante nel dicastero della polizia. Si era ricusato nel modo più reciso, quando la prima volta mi rivolsi a lui, di entrare nella nostra associazione; ma ci aveva offerto i suoi servigi; e che fosse come uno dei nostri, a patto però che lo sapessi io solo di tutta la setta, e io solo comunicassi con lui. Gli dissi francamente che Cesare sapeva già e della lettera del Nasi e della visita che ora facevo a lui, e che perciò non avrei potuto tener nascosto a mio fratello il risultato di questo passo. Al vecchio piacque la mia franchezza, e mi dichiarò d'esser contento che anche Cesare sapesse della sua partecipazione ai nostri affari; ma nessun altro.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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