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      Alla lista furono aggiunti i nomi di parecchi cittadini noti per il loro odio contro il Governo, e quindi a un dato tempo rimasero tutti presi in una retata.
      E questo non era tutto. Importava sommamente aizzare i soldati contro i cittadini, in modo da esser sicuri della opera loro. L'impresa era molto facile. Il vecchio malumore che tra Genovesi e Piemontesi covava sotto la cenere, non era estinto; si pensò adunque di usare ogni mezzo per rinfocolare quell'animosità. Il lettore sa già quali infami arti furono adoperate.
      L'associazione, sebbene sbalordita, pure si tenne coraggiosamente per un po' di tempo stretta insieme. Ma quando si venne a sapere che numerosi arresti erano stati fatti in ogni parte del regno; che gl'imprigionamenti, non che diminuire, addivenivano ogni giorno più spessi; quando da tutti i lati si levarono rumori di rivelazioni importanti, carpite a qualche prigioniero (rumori in parte fondati, in parte esagerati a bella posta), la diffidenza cominciò ad entrare nel suo seno, quindi lo scoraggiamento e finalmente il terrore. Alcuni dei nostri amici si nascosero, altri fuggirono, molti venivano da noi, chiedendoci i mezzi di porsi in salvo. Com'era possibile provvedere alla salvezza di tanti? Aiutammo, per quanto fu in noi, la fuga dei più compromessi; mostrammo agli altri la necessità di astenersi da ogni atto imprudente che potesse richiamare gli occhi del governo sui conoscenti ed amici che lasciavano dentro. Molte e dolorose perdite avevamo fatte pur troppo tra le file; molti di quelli, che potevamo chiamare i nostri ufficiali, erano caduti; ma il nucleo dell'esercito era salvo e dovevano riserbarlo a giorni migliori.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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