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      Noi eravamo compromessi, per lo meno, quanto ciascuno di loro; pure rimanevano al nostro posto: facessero anch'essi lo stesso.
      Ahimè! Avevamo fatto quanto era in nostro potere per condurre la nave a salvamento; ma era destinato altrimenti: la nave rapidamente affondava. Che cosa potevamo fare di più, se non affondare insieme con essa? Capimmo che questo era il nostro dovere, e non ne rifuggimmo. Che giorni di crudele agonia furono quelli! Non posso pensarci, senza che anche oggi ne rabbrividisca. Quante volte non invidiai il destino di Cesare! Quante volte la sera, nell'atto di coricarmi stanco, sfinito e pieno di disperazione, sperai, oh sì, sperai ardentemente, che i carabinieri venissero ad arrestarmi e mettere così un termine alla mia miseria!
      Ho detto poco sopra che le voci di rivelazioni fatte da qualche prigioniero erano fondate. Purtroppo era così.
      Alcuni dei nostri amici non avevano potuto resistere alle torture che loro si davano. Onore a quelli che seppero rimaner saldi! Ma non siamo troppo severi verso coloro che cedettero. Volgiamo piuttosto tutta la nostra indignazione contro un governo immorale, i cui agenti non esitavano a far la parte d'inquisitori e a mettere alla tortura creature simili a loro.
      Per illustrare questo argomento, riferirò alcuni particolari togliendoli da un'opera già citata.
      I poveri prigionieri solevano essere indeboliti con un nutrimento insufficiente e malsano. Nella notte erano loro rotti improvvisamente i sonni con spaventosi e lugubri rumori.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Cesare