Il Governatore, infuriato, gli dette un forte calcio nel ventre: il Vochieri legato com'era, gli sputò in faccia. Per un raffinamento quasi incredibile di crudeltà, l'infelice fu fatto passare, mentre era condotto alla morte, sotto le finestre della sua propria casa, affinché la moglie, la sorella e due giovani figli potessero essere testimoni di quella vista straziante. Non soldati, ma aguzzini di galeotti, furono scelti per fucilarlo, e il Governatore, in gran divisa, volle assistere alla esecuzione, seduto su un cannone.
Ma io m'accorgo d'avere anticipato gli eventi. Torciamo i nostri occhi da questi orrori, e preghiamo Dio che i tempi nei quali furono potuti commettere, non abbiano a tornare mai più.
CAPITOLO XXXIII
E un altro la scampa bella;
il che m'induce a pensare alla mia salvezza
Una sera sui primi di giugno me ne tornavo a casa. Non erano ancora le dieci, e le strade erano deserte, le botteghe chiuse e la lugubre solitudine non interrotta che dai frequenti: "Chi va là" delle sentinelle, e dal passo misurato dei Carabinieri che pattugliavano a due a due.
Io camminavo con passo pesante e col cuore più pesante ancora. Ogni giorno del mese passato aveva arrecato qualche nuova sventura. Recenti arresti erano stati fatti a Genova, Torino, Alessandria, Chambéry, Nizza, Mondovì e Cuneo. La Commissione d'inchiesta, nominata dal re, aveva deliberato che i prigionieri fossero giudicati da una corte marziale. Il Principe d'Urbino s'era salvato per miracolo. Poche sere innanzi, tornando a casa, l'aveva trovata piena di Carabinieri andati per arrestarlo.
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