Non è tempo di complimenti e di reticenze: voi dovete essere arrestato questa sera; Alberto l'udì, non è più che mezz'ora, dalla stessa bocca del Governatore. Non c'è tempo da perdere; ho condotto meco un servitore a bella posta. Dovete scambiare gli abiti con lui e venire con me. Per un po' di tempo sarete sicuro in casa nostra".
Tutto questo lo disse in un fiato. Io feci per rispondere, ma lei non mi dette tempo:
Per amor del cielo, non fate obiezioni; ed abbiate, Lorenzo, pietà di me, perché sono alla disperazione
. E si mise a piangere dirottamente e a singhiozzare.
Colsi il momento di calma, che successe a questo sfogo appassionato, e dissi: "Lilla, ascoltatemi: nel tempo che voi giungevate io avevo quasi acconsentito di lasciar Genova: ora quello che mi dite mi vi determina. Vi do parola che prima dell'imbrunire avrò lasciata questa casa; ho pensato a un luogo, dove spero di essere sicuro sinché non mi riesca d'abbandonare la città. Non crediate che ricusi la vostra assistenza, perché me la offrite voi, no: io non accetterei un favore o una gentilezza da alcuno più volentieri che da voi, ma quello che non devo fare, e che non farò, è di esporre voi e il nobile vostro fratello a difficoltà e pericoli per cagion mia". Vidi che lei voleva ripetere, e m'affrettai ad aggiungere:
No, no, Lilla, non fate più parola di ciò, non vogliate agitar me e voi con una inutile discussione. Vi ripeto la promessa di cercare qualche più sicuro rifugio che non sia questa casa, e prima di sera. Mia povera e travagliata figliuola!
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Alberto Governatore Lorenzo Genova Lilla
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