E perché non posso venir con lei?
disse a un tratto Santina con una faccia molto animata; "perché non posso venir con lei? Lei non può farne a meno di una serva, in qualunque luogo vada: e se lei si ammalasse, chi ne avrebbe cura? Chi la assisterebbe? Oh, per carità, mi lasci venir con lei!".
Bisognò discutere con essa questa proposta; e in punto di logica le mie ragioni spesso erano vinte dalle sue. Allegavo la sua, la mia gioventù, le ciarle del mondo, la perdita certissima del suo onore: ma lei, poveretta! non poteva capire come e perché l'esser giovine e lo star meco potesse danneggiare il suo buon nome.
Non ero io il suo padrone? Non era lei la mia serva? Non eravamo così da vari anni? E poi il perdere il buon nome non le importava un'acca. Dicesse la gente tutto quel che voleva; dove non c'è male non c'è vergogna, non è così?
Un'altra mia obiezione era la scarsezza di mezzi. Io ne avevo per una sola persona appena; come dunque provvedere a due? Nel tempo stesso che proferivo queste parole, m'accorgevo quanto poco effetto facessero, adoperate quale argomento contro una calda e disinteressata affezione, come la sua. Ma Iddio m'è testimone che erano dettate da un sentimento di dovere verso quel cuore innocente e amoroso.
Le parlai di mia madre; le dissi quanta fiducia avevo nell'affetto e nella devozione di lei verso quella povera madre, privata di quasi tutti i suoi figliuoli, e la pregai che non abbandonasse quella donna desolata.
Parve che queste parole facessero su di lei qualche effetto, poiché le ascoltò attentamente e senza rispondere.
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Santina Iddio
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