Spàlatro era il nome di quel bravo, e con questo nome subito battezzai l'uomo che mi stava di faccia. L'espressione del suo occhio crudele, allorché s'incontrò col mio, mi rese certo che il sentimento istintivo d'antipatia che provavo per lui era abbondantemente corrisposto. Dopo quella prima occhiata, egli evitava sempre di guardarmi, eccetto quando mi credeva occupato in altra cosa.
Avevamo per qualche tempo veleggiato in silenzio, quando, per un casuale movimento della persona, la borsa piena di oro che avevo mi cadde dalla tasca, e varie monete si sparpagliarono per la barca. Ne seguì un movimento di tutti per acchiappare il denaro prima che rotolasse sotto il tavolato. Fu tutto ritrovato e mi venne restituito con una certa cordiale premura, fuorché da Spàlatro, sulla cui faccia si dipinse un'espressione non dubbia d'avidità e d'ingordigia nell'atto che mi porgeva le monete che aveva raccolte. La confusione prodotta da questo leggero accidente ben presto finì, e il silenzio non era rotto che dallo scricchiolìo dell'albero, dal cigolìo delle corde o da qualche malaugurato colpo di vento in una o in un'altra delle vele. Si vedeva bene che il tempo stava per mutarsi, e non in meglio. Il legno poco dopo cominciò a calare, a barcollare, a tentennare e a tremare tutto sotto la sferza delle acque, le cui ondate venivano a rompersi contro il fondo de' suoi fianchi: eppure io, che ero stato sempre vittima del mal di mare, mi sentivo allora molto bene e potevo fumare con la stessa tranquillità de' miei compagni, incalliti in quella prova.
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Spàlatro
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