Dovessi anche lasciar la vita nel tentativo, avrò finito di patire. E senza altri discorsi, mi tuffai nell'acqua spumeggiante. La corrente era oltremodo forte, e nonostante tutti i miei sforzi, giunto a una certa distanza dalla riva, sentii mancarmi l'equilibrio. L'amor della vita, che si apprende all'uomo anche in mezzo alle più grandi sofferenze, parlò forte in quel momento, e mi fece conoscere com'io la giocassi a un giuoco disperato, e che quello non era il tempo, mentre tutto giaceva avvolto nelle tenebre, di tentare il passo del fiume. E però non senza difficoltà riguadagnai la sponda, e mi posi a sedere aspettando il giorno. Se non che quel bagno molto freddo mi fece assai bene al corpo e alla mente, e ridivenni in parte padrone di me stesso.
I miei pensieri in quell'ora tremenda furono solenni, come quelli di un uomo ch'è sull'orlo della tomba. Pensai con affetto intenso a coloro che avevo amato tanto; richiamai all'animo i loro sembianti, detti a ciascuno un tacito e tenero addio, mi sforzai di ridurmi in quello stato di mente che era voluto dalla mia condizione, vale a dire, mi sforzai come fa il morente di sentirmi in pace con tutto il mondo, d'essere in pace con Dio. Mi provai perfino a perdonare a coloro che, senza un motivo giustificabile, mi avevano condannato a quell'agonia, e credo; in verità, d'aver loro perdonato.
Così passai il rimanente della notte. Il vento soffiava forte, e venivano giù rovesci d'acqua; che, bagnato com'ero fino ai ginocchi, mi intirizzivano tutto.
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Dio
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