Presso alla sponda, su cui ero, la sua impetuosità era spaventevole, e, per quanto potevo discernere, lo stesso era nella parte opposta. Scelsi il punto il più possibilmente vicino a quello in cui il fiume si inforca, poiché temevo sopra a tutto di essere trascinato al mare, e quel punto ne era il più distante: tagliare in linea retta quella così rapida corrente era cosa da non potersi neanche immaginare. Pensai dunque di prendere una linea obliqua, che mi avrebbe permesso, secondo me, di guadagnare l'una o l'altra striscia di greto che separavano i due corsi d'acqua. Così avrei potuto riprendere forza e lena per compiere il resto della traversata. Ero preparato a una lotta non indifferente, e perciò presi alcune precauzioni. Posi la borsa e il passaporto dentro al cappello, che mi assicurai in testa meglio che potei con la cravatta legata sotto il mento; e temendo che i calzoni, i quali erano piuttosto larghi, mi dessero impedimento, li raccolsi sopra i ginocchi, e li fermai con un fazzoletto nell'una gamba e nell'altra.
La precipitazione della sera innanzi avendomi fatto accorto del pericolo, questa volta m'avventurai, passo per passo e con la più grande precauzione, nelle acque spumeggianti. Credevo di averne valutata tutta la forza e la rapidità; ma quando ne sperimentai il potere, per poco non mi perdetti d'animo. L'acqua mi dava appena al ginocchio, che già sentivo di perdere l'equilibrio. Feci sforzi quasi sovrumani per mantenerlo, ma invano: il fiume si faceva più grosso e più profondo attorno a me.
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