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      Allora raccolsi tutta la mia forza e mi spinsi risolutamente avanti, provandomi a nuotare. Ma non potei avanzare di un palmo, nella direzione che volevo, ed io ero sbattuto e voltolato al basso, come una pagliuzza alla superficie dell'acqua. Tuttavia non mi perdetti di coraggio, e vedendo che mi avvicinavo a un lembo di terra sporgente o piuttosto ad un mucchio di pietre in forma di piramide, feci uno sforzo disperato per aggrapparmici. Era distante un braccio: protesi ogni nervo, muscolo o tendine per arrivarci: inutili sforzi, speranza vana! La corrente mi trascinava seco nel suo corso impetuoso. Vidi il mare a poca distanza: "O madre mia!" gridai, e mi detti perduto!
      Per quanto posso ricordarmi, dopo quel grido d'agonia mi trovavo quasi fuori de' sensi, e non soffrii più. Improvvisamente sentii un urto che mi investì dalla pianta dei piedi al sommo della testa. Apersi gli occhi: ero, posso dire, sull'orlo estremo d'un vortice furioso. Provai a rialzarmi, ma la violenza delle acque mi fece ricadere. Animato da una nuova speranza, mi sforzai più e più volte di salvarmi da quella vicinanza pericolosa, e sempre i miei sforzi riuscivano vani. Ma siccome ad ogni nuovo sforzo infruttuoso sentivo coi piedi un fondo solido, così continuai ad agitarmi e a guadare il fiume, finché mi venne fatto di riuscire in parte dove l'acqua era poco profonda e relativamente tranquilla. Quivi potei rizzarmi in piedi, e vidi che la riva, a cui tendevo, non era distante che pochi metri, onde potei giungervi senza difficoltà. Mi slanciai fuori del fiume, e dopo avere appena articolato: "Dio mio, vi ringrazio" caddi sfinito in terra.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471