Io non dirò altro se non che mi parrebbe desiderabile che i Teologi trattassero le materie di Religione con un po' più di riguardo, e che quelli che non son teologi fossero un po' meno vanamente curiosi.
Secondo che la Filosofia lascia molta più libertà allo spirito, non vi dissimulo che mi ci sono internato un poco più. In quell'età che l'intelletto comincia a aprirsi alle cognizioni, ebbi una curiosità incredibile d'intender la natura delle cose, e la mia presunzione mi fece creder prestissimo d'averla intesa. Pensate: ogni piccola prova mi pareva una dimostrazione, ogni verisimiglianza una verità, ed è cosa redicola la superiorità con la quale io riguardava quelli che io credeva allo scuro dove io averei giurato di veder chiaro come di mezzo giorno. Finalmente, quando gli anni e l'esperienza, che per nostra disgrazia non vien se non con loro, cominciarono ad abilitarmi a far riflessioni un poco più aggiustate, m'accorsi che il mio capitale non era quello ch'io m'era creduto, e così mi disaffezionai da una scienza stata sempre controversa, e su la quale i maggiori uomini non erano mai convenuti. Io sapeva, per un consentimento generale di tutte le nazioni, che Platone, Aristotile, Zenone e Epicuro erano stati gli oracoli del loro tempo, e pure, maladetta quella delle loro opinioni, e maladetta quella de' loro seguaci, tremil'anni dopo, che s'accordi con quella del compagno: da per tutto incertezze, sicurezza mai nessuna. In queste riflessioni che insensibilmente m'andavano guarendo, mi venne voglia di sentire il Gassendo; quegli, a mio giudizio, tra' filosofi, che ha veduto più chiaro e che ha presunto meno.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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