Quanto più maravigliose cose mi dicono della loro solitudine, tanto più son persuaso che non veggono l'ora d'uscirne.
Il bello è che nè pure aspettano che la fortuna gli richiami: alla minima apertura già non si ricordano più de' loro giuramenti: voi gli vedete correre e tornar di nuovo a mettersi a' piedi d'una dama tanto lacerata, alla catena di que' favoriti contro i quali hanno inveito con tante smanie, e non ricavar altro di quella loro mentita fermezza che il render più derisibile la loro volubilità.
Ritornano in Corte come uomini d'un altro mondo: l'aria, il vestire, il linguaggio non è più alla moda: passano per forestieri nel lor paese, e per redicoli tra i giovani cortigiani. Non c'è flemma che possa resistere ai lor racconti del tempo passato con quelle lor dicerie della vecchia guerra: leggono in catedra a ognun che arriva, e della vera disciplina militare, e della più forbita galanteria; a ogni tanto vi scappan fuori co' lor concettini magri sulle parrucche bionde e su i gran cannoni, contentissimi quando trovano chi faccia loro alle volte la carità di stargli a sentire e di far le viste di credergli, ma in fe' buona che il grado che ve ne sanno non vale a un pezzo il tedio di che vi sono.]Ce ne sono certi altri che io non ho punto meno a noia de' primi. Questi non si possono spiccicar dalla Corte, e s'inquietano, e si confondono su tutto quello che vi si fa; sempre a interessarsi nella disgrazia di quelli de' quali non hanno che far nulla; e sempre a criticare su gli avanzamenti de' loro amici.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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Corte Corte
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