Torna bene alle volte il rientrare un poco in sè: anzi egli è assolutamente necessario l'esaminarsi rigorosamente su le proprie parole, su' proprj sentimenti e osservarsi su l'acquisto che par di fare nella scienza del vivere. Certa cosa è che a pretendere di cavar qualche frutto da quel che si legge, da quel che si vede, da quel che si sente, vuol esser raccogliersi, vuol esser quietare, vuol esser riflettere.
Ci vuol pure il suo tempo per un po' di studio, ce ne vuole per quelle azioni che porta per natura la qualità del nostro stato: queste cose hanno a andare innanzi alla conversazione, la quale però non si può far conto di pigliarla dalla mattina che uno si leva fino alla sera che se ne va a letto. A un galantuomo l'essere un ignorante è una vergogna: non v'è nascita che serva a scusarlo, nè esperienza che basti a istruirlo: ella basta bene a far conoscere che chi sa unire tutte queste cose si distingue assai assai da chi non applica se non a una.
Lo studio, non ha dubbio, è il nutrimento più sostanzioso del nostro spirito, egli è la vena de' suoi più bei lumi, egli è il segreto che ci fa ricrescere tutto quello che abbiamo di buono dalla natura. La conversazione però è quella che ce lo fa valere, che ce lo raffina: il gran libro del mondo è il comento che ci fa intendere tutti gli altri libri e che insegnandoci a ben usarne è il solo che può fare d'un gran letterato un grand'uomo di garbo.
In somma lo studio introduce un'assai maggior differenza tra uomo e uomo che non è tra uomo e bestia: ma la pratica del mondo, tra quelli che ha già distinti lo studio, n'introduce anche un'altra maggiore assai.
| |
Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
|
|
|