Il sapere abbozza l'uomo di garbo, l'esperienza lo finisce.
Non è che delle volte non si siano veduti de' geni straordinari passar dalla meditazione del gabinetto a degl'impieghi i più difficili, ma questi sì come sono fuori di regola, così ancora non sono adducibili per esempio.
Il primo passo che un uomo di studio, tutto invasato della sua lettura, fa nel mondo, vuol esser quasi sempre mal misurato. Come egli non ha altro oracolo che i suoi libri, gli riuscirà benissimo d'esser sempre ai suoi giorni uno scimunito uomo di garbo. Lo studio eccessivo ridà fuori dal nostro spirito come un certo untume, e stravolge tutti i suoi sentimenti. A pretender di smorbarlo e di raddirizzarlo vuol esser conversazione.
E però, il dare in un amico fedele, accorto e discreto è gran fortuna: fedele, per non mascherarci niente: accorto, per isquadrarci da dritto e da rovescio: discreto, per riprenderci a modo e a ragione; fortuna però assai maggiore il credergli. Il più delle volte noi ci facciamo un punto d'onore di non ascoltar altri che noi medesimi, simili a chi viaggia, che per non pigliare una guida e non domandar della strada, la sfallisce.
Io son d'accordo che uno che si senta bene in gambe, che conosca la trascendenza del proprio spirito, e che aspiri a una gran reputazione, abbia a guardarsi come da uno scoglio dall'esser indiziato d'esser fatto fare.
A un uomo di petto è insoffribile ogni dependenza, e quella dello spirito più di tutte. Che venga uno a pretender di tiranneggiarci nella parte più libera della nostr'anima, poter del mondo, ci vuol del buono a star saldo e non ribellarsi alla ragione, se non altro per farla vedere a colui.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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