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      Ma che importa a noi? Lasciamolo pigliarsi in pace quelle incensature che i suoi adoratori vanno a dargli ogni giorno, e basti a noi il giustificare i nostri amici. Questa è la parte che intendo di fare adesso, e senza intender di ristrignermi a una lettera, nè d'erigermi in letterato, v'anderò scrivendo tutto quello di man in mano che mi verrà in testa tanto del mio che di quel d'altri, tutto per disimpressionarvi del concetto poco buono che so essersi preteso d'insinuarvi di quella nostra critica.
      Voi sapete che non è nè d'oggi, nè di ieri, che molti si rammaricano che il gusto è depravato, che l'eloquenza è corrotta. Io per me credo che questa querela sia in campo dalla morte di Cicerone in qua. L'autore del dialogo attribuito a Quintiliano condanna gli stessi abusi, e per andar più là, Petronio, che i' ho studiato un po' più di Quintiliano, fa una satira ingegnosissima contro i Declamatori del suo tempo ch'ei tratta di corruttori dello stile della gioventù. Il giudizio che egli ne dà è aggiustatissimo, e appunto ei s'abbatte a mettere in redicolo l'istesse cose contro le quali sogliamo inveirci in oggi, ma d'un'aria così graziosa che m'è venuto voglia di scrivervi nella nostra lingua quel ch'egli scrive così galantemente nella sua contro quella maniera di stile gonfio e ampulloso che noi chiamiamo Phebus o Galimatias. Mi protesto però che io ho uno spirito talmente nato alla libertà, che di tutte le libertà mi manca solamente quella di potere stare attaccato alla servilità d'una traduzione scrupolosa.


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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263

   





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