Può anch'essere che, avvezzo a tenere il campanello, gli paresse che n'andasse della sua reputazione se egli avesse lasciato riscaldar me sotto il portico più di quello che egli aveva sudato in scuola. Basta, comunque si sia, ei non ne volle più, e spintosi tra la calca, appena potè arrivarmi con la mano che, datamela pian piano sopra una spalla, Quel giovane, mi disse con un'aria così di mezzo sapore, già che io vi sento parlare in una forma che non è così da tutti, e che, quello che in oggi s'incontra di radissimo, veggo che non dite queste cose per bocca d'altri, ma le dite perchè l'intendete veramente così, è dovere che ancor io vi venga col cuore in mano e che vi deciferi tutto il mistero della nostra professione. Sappiate che di tutti questi disordini la minor colpa è quella de' Maestri. Noi siamo in un secolo che bisogna fare come dice il proverbio: a popol pazzo Rettore spiritato. Credete voi che io non conosca così ben come voi che qui ogni cosa va in perdizione, che non c'è più nè ordine, nè regola, nè elezione, nè forma di stile, nè giudizio, nè vestigio di buon gusto, e che l'eloquenza diventa una mera ciarlataneria? Lo conosco benissimo, ma che farci? Ancor io me ne vo con la piena, ancor io fo d'ogni erba fascio, chi così vuol così abbia, e a voler campar sul mestiere non si può fare altro, perchè, come diceva Cicerone, se uno non si contenta di parlar un linguaggio che più gusti ai ragazzi, bisogna che si contenti di far conto di leggere alle panche. In oggi, sodezza, purità, decoro, Iddio guardi: sono tante armi proibite da far condannare un povero Professore a morirsi di fame.
| |
Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
|
|
Maestri Rettore Cicerone Iddio Professore
|