Deh viviam come gli altri in santa pace,
Diconsi ognora i Vivitor più scaltri;
Bene sciocco è colui che al tempo d'oggiPer farci dell'Eroe perde i suoi sonni.
Baciam la mano che troncar vorremmo,
Chè delitto comun merto diviene:
Ove splende l'esempio, ivi s'abbagliaRagione, e 'l troppo udirla altrui sovente
Danno giunse a vergogna: al suo consiglioEco faccia interesse, e allor s'ascolti,
Altrimenti si taccia. Ell'è qual legge,
Muta possanza: e qual la legge il saggioInterpreta a piacer, tale il costume
Si siede a scranna e la ragion corregge.
Si può egli sentir mai al mondo cosa più strana che voler che l'uso sia alla ragione quel che è il Giudice alla legge? Questo lume che c'è stato dato per distinguere il bene dal male si muta egli forse come un editto? Se noi meniamo buono all'arte il prescrivere così d'autorità contro la natura, mi pare che possiamo ogni volta cavarci la maschera e non ci vergognar di dire che noi lasciamo la virtù a chi la vuole, che la nostra vigliaccheria, che la nostra schiavitudine, che il nostro attaccamento non ci consentono nè di medicarci nè di liberarci, anzi, nè di pur desiderar di guarire del nostro male, il quale essendo tutto nella volontà, è certo che la cura ha a cominciar dal volere.
Arte che piace al core invan si tentaBandir con lente voglie: errar comune
Da diritto sentiero a torto e obliquoTosto, e con man leggiera, altrui ne volge.
E 'l cor, che a quello inclina e in quel si gode,
Tal resiste a tornar donde partioChè spossato voler lo sprona indarno.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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Vivitor Eroe Giudice
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