Allora, ci ha a tutto quello ch'ei vuole: con tirare a sè il fiato ci mette in corpo de' sospiri che non venivano a noi: ci distingue dai nostri rivali con delle cortesie intese di fare a comune a tutta la brigata, e ci fa ricever delle malecreanze positive per un profondo accorgimento di dissimulare e quello che si vuol far sentire a noi, e quello che s'ama di sentir per sè.
Il non so che dell'amicizia è meno torbido assai, e ordinariamente opera più a sangue freddo. Prima d'impegnarci all'attacco ci dà tempo di riconoscere il terreno, lasciandoci esaminare a posat'animo se quella persona che vorremmo amare merita d'essere amata per sè, ed è capace di volere, di potere e di sapere amar altri; e ogni volta che abbiamo la mente sbarazzata di motivi d'interesse e d'adulazione, quel lume che nell'amore soccombe sempre alla violenza del cuore, nell'amicizia è quasi sicuro di prevalerne all'inclinazione.
Non facciamo dunque una spezie di ben pubblico della tenerezza del nostro cuore: innanzi d'amare e d'essere amati, conosciamo e lasciamoci conoscere; e poichè una volta stretto il nodo non abbiamo più a far niente senza di quello che ci saremo eletti, non corriamo a furia a fare un'elezione che è l'ultima cosa che abbiamo a far tutta da noi.
Il primo legame dell'amicizia non può esser altro che la stima reciproca tra gli amici. È difficile l'attaccarsi, e molto più lo star lungo tempo attaccato dove non si trovano delle prese comode e salde: e se talora per una certa indulgenza lasciamo andare il nostro cuore su la buona fede del suo pendìo, ove la mente si metta a vederla per giustizia, presto lo richiamiamo per ragione da quella prima scappata a capriccio.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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