In quanto a Cesare, o sia per ragione di temperamento, o per insinuazione delle dottrine d'Epicuro, certa cosa è ch'ei dava nell'altro estremo. Dagli Dij non aspettò mai nulla in questo mondo, e gli teme' poco per l'altro. Lucano ce lo fa vedere nell'assedio di Marsilia con l'accetta alla mano dare i primi colpi su le piante d'un bosco sacro, per sminchionare i soldati prevenuti d'un tacito orrore di religione, e aggiugnere ai fatti dei detti non molto pij. Salustio gli fa dire che con la morte finiscono tutti i guaj, e che di lì in là non c'è più nè pensieri nè piaceri che tengano.
Voglio dire che tutti e due erano finalmente uomini, e come tali, capaci al più di poter esser grandi, anzi grandissimi comparativamente ad altri più piccoli di loro, ma considerati in se stessi deboli, difettosi, varj, soggetti all'errore e all'ignoranza come tutti gli altri. Cesare si mette in sconcerto per un sogno che gli predice l'imperio, e si ride d'un altro, fatto dalla moglie, che l'avvertisce della morte. La sua vita corrispose assai al suo credere. Ne' piaceri indifferenti fu assai moderato, ma certe sensualità che gli toccavano il cuore non seppe negarsele; e da queste ebbero origine quei tanti epigrammi che Catullo fece contro di lui, e ne nacque quel bel detto che Cesare era la moglie di tutti i mariti e il marito di tutte le mogli.
Alessandro in questa materia fu più padrone di sè assai: non però tanto sovrano ch'ei non riconoscesse un tempo l'alto dominio di Barsinoe e di Rosane, e poi da ultimo anche il mero e misto imperio di Bagoa.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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