Il coraggio d'Alcibiade, per esempio, ha qualche cosa di particolare che lo distingue da quello d'Epaminonda, benchè l'un e l'altro abbia saputo giocarsi la vita ugualmente. La dabbenaggine di Catone è altra da quella di Catulo; l'audacia di Catilina, da quella d'Antonio: l'ambizione di Silla, da quella di Cesare; e così si può dir che gli antichi nell'istesso tempo che formano i caratteri de' loro uomini grandi, formano accanto accanto anche quello delle qualità che attribuiscon loro, perchè oltre all'apparire o ambiziosi o temerarj o moderati o prudenti, appariscono con tutte le più minute indicazioni delle diverse specie d'ambizione, di temerità, di moderazione e di prudenza ch'egli hanno avuto.
Salustio, nel dipignerci Catilina per un uomo di cattivo naturale, ci dice subito in che dava questa malizia: sed ingenio malo, pravoque.
Il distintivo della sua ambizione ce lo dà ad intendere con la sregolatezza de' suoi costumi, e perchè intendiamo in quel che consista questa sregolatezza in ordine al costitutivo del carattere del suo spirito, la rifonde su l'altura e su la vastità delle sue idee: vastus animus, immoderata, incredibilia, nimis alta semper cupiebat.
Uno spirito bastantemente cattivo per intraprender tutto contro le leggi: ma troppo vasto per potersi o sapersi contenere in disegni proporzionati ai mezzi di farli riuscire.
La franchezza d'una femmina sensuale e licenziosa qual era Sempronia, poteva farla creder capace di tutto per sodisfarsi nelle sue inclinazioni. Ma perchè una franchezza di questa natura non è quella che ci vuole per commettersi ai pericoli d'una congiura, Salustio ci fa subito intender quel ch'ell'era capace di fare da quel ch'ell'aveva fatto: quæ multa sæpe virilis audaciæ facinora commiserat.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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