Io veggo pure cavarsi materia di lode pe' filosofi de' vizj del loro, una volta ch'egli abbian saputo guarirgli con la sapienza: e l'istesso Socrate non ha riguardo a confessarne de' brutti assai che la filosofia gli avea medicato. Ma negli Eroi la natura ha da esser tutta bella: e se per una disgraziata condizione dell'esser uomini è pur necessario ch'ella pecchi in qualche cosa, tocca alla lor ragione a correggerla, e la cura ha a consistere in moderar trasporti, non a vincer fiacchezze; nè già tutti i trasporti, potendocene esser di quelli procedenti da impulsi superiori, e perciò misti di qualche cosa di divino, che è quello che negli uomini comunali si chiama delirio e negli Eroi non è altro che una pienissima libertà nella quale la lor anima, distesa in una totale espansione, forma dell'impetuosità de' suoi movimenti quella virtù sovrumana che senza riconoscere i nostri giudizj rapisce la nostra ammirazione.
Ma le passioni basse svergognano questa sorta d'uomini: e se talvolta l'amicizia esige da essi ancora delle apprensioni e degli sconforti, come ne abbiamo gli esempj in Achille per Patroclo e in Alessandro per Efestione, ciò ha da esser sempre per altri e non mai per lor medesimi ne' lor pericoli e ne' loro infortunj privati, come fa far Virgilio ad Enea, diligentissimo a temere e, non che lacrimare, a piagnere ancora in causa propria.
Dal che ne segue che, facendo egli poi queste medesime cose per gli amici, non se gliene sa nè grado nè grazia, potendosi ragionevolissimamente credere ch'ei non tanto le faccia per un senso di passione nobile e generosa, quanto per una miniera inesauribile di timori e di pianti che, senza punto sforzar la natura, gli dia modo di regalarne abbondantemente sè e gli altri.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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