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      Bisogna dir che Virgilio fosse ben tenero di cuore. A mio credere, ei non fa intenerir così spesso gli sconsolati Troiani su le lor tante ricadìe che per una straordinaria sodisfazione ch'egli ha a intenerirsi per se stesso. D'ogn'altro temperamento ch'ei fosse stato, noi vedremmo il buon Enea meno spasimato della sua cara patria: il proprio degli Eroi essendo il sapersi disfar facilmente della memoria del lor paese una volta che si son condotti in un altro dov'egli hanno a eseguire disegni grandi. Il lor animo, rivolto alla gloria, non ritiene alcun sentimento per queste frivole sodisfazioni.
      Conveniva pertanto fare i Troiani un po' più parchi di lamenti su la lor miseria: soldati che pretendan di muovere a compassione delle lor disavventure non ricavan altro che disprezzo per la lor viltà. Enea, sopra tutto, non aveva mai ad aver altro in testa che il suo gran progetto, alienando appostatamente il pensiero da quel ch'egli avea sofferto, col tenerlo sempre fisso su quel ch'egli andava a fare. Il fondatore della grandezza e della virtù romana aveva a avere un'elevazione di mente e una magnanimità di cuore che ne fosse degna.
      In tutto il resto Segrais non può mai dir tanto in lode dell'Eneide ch'ei non dica poco: e mi giuocherei che del quarto e del sesto libro ei non è innamorato a un pezzo quanto lo sono io. In quanto ai caratteri, sì che confesso che non mi piacciono, particolarmente in agguaglio di quelli d'Omero, i quali quanto mi paiono vivi e spiranti, altrettanto quei di Virgilio mi paiono freddi e sciapiti.


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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
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