Il mal'è che non son soli i Vecchj di quest'umore: ci son di quelli che credon farsi un capitale di stima in disprezzare ogni novità, e riducon tutta la squisitezza del gusto in confettare ogni rancidume.
Altri ce ne sono, che per una pura naturalezza di genio son sempre mal sodisfatti di quel che veggono, e innamorati di quel che han veduto.
Costoro, per estenuarvi la grandezza e la magnificenza che ognun vede, vi conteranno miracoli d'una Corte che non c'è più e che quand'ell'era non era gran cosa.
Vi faranno apoteosi di morti d'una virtù assai mediocre, e scuoteranno il capo in sentir parlar con lode del prim'uomo del mondo, se per sua disgrazia è ancor vivo.
La prima esclusione alla stima di costoro è il vivere; la più forte inclusione, l'aver vissuto. Muoia un uomo di merito, e loderanno di buon cuore quel che averanno biasimato mentre viveva; e il loro spirito, guarito dell'umor della lor tetraggine, restituirà di buona fede alla memoria quel ch'egli aveva rappresagliato ingiustamente su la persona.
La mia opinione è stata sempre che a voler dar un giudizio aggiustato degli uomini e de' lor componimenti, vadano considerati per quel ch'e' sono: e quanto alle cose passate, misurarne la disistima o la venerazione dalla lor debolezza o dalla loro eccellenza. Alle moderne, nè dar contro per un semplice contraggenio, nè affezionarvisi per una semplice vaghezza della novità, ma rigettarle o riceverle secondo quell'ingenuo sentimento che se n'ha a avere. In somma, metter da banda il capriccio e tutta la fantasticheria del nostro umore, che è quello che c'inabilita il più a giudicar sanamente delle cose.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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Vecchj Corte
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