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      Gli uomini si sentono naturalmente difettosi e vani, e di qui è che i Conquistatori e i fondatori degli stati, mal sodisfatti della condizione umana secondo che ne conoscono i deboli, hanno bene spesso voluto riconoscere la lor virtù da qualche cosa di più alto, che però gli antichi hanno per lo più voluto attenere a qualche Deità, o col farsene discendenti, o col vantarne un'assistenza particolare. Alcuni, per renderne meglio persuasi gli altri, hanno affettato d'esserlo per se medesimi, facendosi accortamente valere un inganno che ispirava venerazione per le loro persone e deferenza per la loro autorità. Ce ne sono stati anche di quelli che se lo son creduti da vero: il disprezzo degli uomini e la presunzione delle loro gran qualità avendogli indotti a chimerizzarsi un'origine differente dalla comune. Ma egli è anche avvenuto più spesso che i popoli medesimi, quando per un istinto di vanità, e quando per un sentimento di gratitudine verso di quegli dai quali si chiamavano ben serviti, hanno messo in voga questa razza di favole.
      Anche i Romani hanno patito di questo male, e non contenti della discendenza da Venere per via d'Enea, venne lor voglia di ristrigner la loro allianza con gli Dij con la nascita di Romulo che credettero figliuolo di Marte e che fecero Dio esso ancora dopo morte.
      Numa, suo successore, non ebbe niente di divino nella sua razza: ma la sua onestà di vita abilitandolo a un'intima comunicazione con la Dea Egeria, gli fece un giuoco mirabile per far ricevere i suoi riti e le sue cirimonie.


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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
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