I due Consoli si governarono in quella guerra con somma prudenza, e insensibilmente a un modo rovinavano Annibale e riavevano la Repubblica: quando eccoti per la stessa ragione disautorati i Consoli e surrogato loro Terenzio Varrone: un presumìdo, un animale, gli vien voglia di dar la battaglia di Canne, la perde, e riduce i Romani in così ultimo estremo che senza le forze ausiliari d'una fatale sbadataggine d'Annibale, in quel giorno, con tutto il lor valore, ancorchè grandissimo, son perduti.
Tra i Macedoni non era così. I medesimi soldati, avvezzi ad agire di lungo tempo sotto i medesimi Capi. Per così dire, erano ancora tutti vecchj corpi di Filippo, rinnovati di tempo in tempo per via di reclute fatte da Alessandro secondo i suoi bisogni. Il brio della cavalleria non cedeva d'un puntino alla fermezza della falange, che si può metter con buona giustizia sopra le legioni, le quali nella guerra di Pirro non ebbero ardire d'opporsi ad alcuni trozzi miserabili delle falangi de' Macedoni rifatti di pezzi. Gli assedj s'intendevano così bene come le marce, come i campamenti, come le battaglie. Non fu mai armata che provasse tanta diversità di nemici e di climi. Che se quella de' paesi dove si porta la guerra e quella delle nazioni che s'assuggettiscono può avere alcuna parte in formar l'esperienza de' soldati e de' capi, com'è egli mai possibile che i Romani potessero mettersi co' Macedoni, i Romani che non erano mai usciti d'Italia e che non avevano veduto in viso altri nemici che i pochi popoli lor vicini, e quelli non molto considerabili?
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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