Fabrizio, inorridito d'una tale iniquità, ne dà subito parte al Senato, il quale, detestando al pari del Console un'azione così infame, fa intendere a Pirro ch'ei badi ben bene a sè: aggiugnendo che il Popolo romano intende di vincere il nemico con l'armi proprie, non disfarsene per via di tradimento de' suoi.
Pirro, o intenerito da questa obbligazione, o sbalordito da questa grandezza d'animo, s'invoglia della pace ancor più ch'ei non era, e per disporvi più facilmente i Romani, manda loro dugento prigioni senza ranzone, fa offerir de' regali ai Senatori più cospicui e alle Dame, e sotto pretesto di gratitudine fa il possibile per corromper Roma. I Romani, che non avevano salvata la vita a Pirro che per un puro sentimento di virtù, non vollero accettar niente che potesse aver aria di pagamento. Gli rimandarono altrettanti prigioni accompagnati dai suoi medesimi regali, e ristringono tutti i complimenti in lasciarsi intender chiaro che infintanto ch'ei non fosse stato fuori d'Italia non occorreva discorrer di pace.
Tra un'infinità d'oggetti di virtù che si vedevano allora, dava particolarmente negli occhj il gran disinteresse di Fabrizio e di Curio, che si avvicinava a una spezie di povertà volontaria; e veramente sarebbe poca giustizia lo scarseggiar d'approvazione dove ognuno abbonda di stupore. Tuttavia si potrebbe forse considerare se questa potesse tanto dirsi una virtù particolare di questi uomini, ch'ella non andasse anche di molto considerata per un'influenza del genio universale di quel secolo.
| |
Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
|
|
Senato Console Pirro Popolo Romani Senatori Dame Roma Romani Pirro Italia Fabrizio Curio
|