Di questi procedimenti, parte era colpa del naturale di Pirro, parte dei differenti interessi de' suoi ministri. Due erano quelli ch'egli ascoltava il più, Cinea e Milone. Cinea, tutto spirito, tutto eloquenza, tutto accortezza, tutto delicatezza negli affari, quando c'era la voglia della guerra portava sempre alla quiete, e se l'altura di Pirro gli faceva vedere il partito vinto, per allora mostrava d'arrendersi, e al primo intoppo, che egli non mancava mai di vigilare con oculatissima flemma, sapeva secondar così bene il raffreddamento del padrone, che l'invaghiva presto presto della pace, mestiero come il più adattato al suo talento così il più infallibile per rimettergli in mano tutta l'autorità.
Milone, intelligentissimo delle cose della guerra, voleva far ogni cosa con la forza. Sempre il possibile per impedire i trattati o per rompergli: le difficoltà, volerle superar tutte: e in difetto di poter vincer i nemici, opprimere i collegati.
Per quanto s'arriva a conjetturarne, questa era la maniera di Pirro complicata con quella de' suoi ministri. Si potrebbe dire a suo favore, ch'egli ebbe da far con nazioni potenti che avevano più riprese di lui. Si potrebbe dire ancora che altro è il vincer delle battaglie, altro è il tirar a fine una lunga guerra. Al primo potè bastargli il suo gran valore: non già il suo piccolo stato al secondo. Comunque si sia, a considerar Pirro per se stesso e per le sue azioni, egli è stato un Principe ammirabile e che non cede a nessuno dell'antichità. A considerare in digrosso i suoi negoziati e la riuscita de' suoi disegni, ei potrà talvolta parere poco accorto, e scapiterà assai di stima.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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