E che sia il vero, vedete che se una volta questi spiriti, annoiati di sempre rigirarsi tra le loro bassezze domestiche, volevano sollevarsi al sublime, davano subito nel divino, introducendo nelle cose loro tante Deità, che vi restava poco dell'umano: e così, quel che v'era di grande era favoloso, e quel che v'era di naturale era povero e meschino.
Altra cosa in Corneille: il grande comparisce grande perchè lo è, e s'ei vuole ornarlo, non ricrescerlo, chè non ne ha mai di bisogno, con qualche figura, la figura corrisponde sempre a quella grandezza. Vero è che per lo più ei trascura questi esteriori, non va a cercar su le nuvole di che rigonfiar le cose che egli ha trovate bastantemente grandi in terra. Gli basta il darvi drento, e non ha paura che gli spariscano tra mano, essendo suo pensiero il farle vedere nell'aspetto che bisogna perchè facciano quell'impressione che piace tanto a chi intende.
Il naturale è sempre ammirabile, e il pretender d'aiutarlo con certe grazie accattate è un confessar tacitamente che non se n'intende la forza. Di qui nascono la maggior parte delle figure e delle comparazioni, le quali appresso di me non vagliono niente a meno d'esser rade, nobili e sommamente in punto: altrimenti mi paiono tanti ponticelli per attraversar de' fossi che non dà l'animo di saltare. Ma per belle che siano le comparazioni, direi che il loro luogo fosse più il poema epico che la tragedia. Nel poema epico il lettore non sta tanto attaccato al filo del racconto, che non ami talvolta d'esser condotto a divertirsi un po' fuori di mano.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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Deità Corneille
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