Vi sono delle cose che devono e di quelle che possono esser cantate senza offendere nè il verisimile nè il decoro. Tutto quello che è preci, voti pubblici, inni, sacrifizj, e generalmente tutto quello che appartiene ai riti e alle cirimonie sacre, è stato cantato in tutti i tempi e da tutte le nazioni. Le cose tenere e patetiche, se non cantate, vengono canterellate naturalmente a ognuno: l'espressione d'un amor nascente, la perplessità d'un animo combattuto da affetti contrarj, sono cose adattatissime per il verso, e il verso è adattatissimo per la musica. I Greci hanno introdotto i cori su 'l loro teatro, e non c'è principio di dubbio che con altrettanta ragione potremmo introdurgli anche noi su 'l nostro. A mio credere, la repartizione averebbe a esser questa: Discorso, consigli di stato e di guerra, cabale e rigiri di Corte, negozio, e tutto quello che concerne il consiglio o l'azione, tutto recitato. I Greci facevano di belle tragedie, e ne cantavano qualche cosa: gl'Italiani e i franzesi ne fanno delle barone e le cantano tutte. Sapete voi come io definirei un'Opera? Una tarsia aggrottescata di Poesia e di Musica, dove il Poeta e il Musico, facendo a chi dà maggior soggezione al compagno, durano una gran fatica per fare una porca cosa. Voi non mi sentite già dire che non vi si sentano delle volte di gentilissime parole e di bellissime arie; ma per lo più, parole dove non è possibile che poco o assai non si riconosca lo stento e la legatura del genio del Poeta, e musica dove il compositore s'è finito di scapricciare, non possono dilettarvi che per intervalli molto brevi interpolati di noie molto lunghe e mortali.
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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263 |
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