In quella stanza così stranamente arredata, un uomo sta seduto su una poltrona zoppicante: è di statura alta, slanciata, dalla muscolatura potente, dai lineamenti energici, maschi, fieri e d'una bellezza strana.
Lunghi capelli gli cadono sugli omeri: una barba nerissima gli incornicia il volto leggermente abbronzato.
Ha la fronte ampia, ombreggiata da due stupende sopracciglia dall'ardita arcata, una bocca piccola che mostra dei denti acuminati come quelli delle fiere e scintillanti come perle; due occhi nerissimi, d'un fulgore che affascina, che brucia, che fa chinare qualsiasi altro sguardo.
Era seduto da alcuni minuti, collo sguardo fisso sulla lampada, colle mani chiuse nervosamente attorno alla ricca scimitarra, che gli pendeva da una larga fascia di seta rossa, stretta attorno ad una casacca di velluto azzurro a fregi d'oro. Uno scroscio formidabile, che scosse la gran capanna fino alle fondamenta, lo strappò bruscamente da quella immobilità. Si gettò indietro i lunghi e inanellati capelli, si assicurò sul capo il turbante adorno di uno splendido diamante, grosso quanto una noce, e si alzò di scatto, gettando all'intorno uno sguardo nel quale leggevasi un non so che di tetro e di minaccioso.
— È mezzanotte — mormorò egli. — Mezzanotte e non è ancora tornato!
Vuotò lentamente un bicchiere pieno di un liquido color dell'ambra, poi aprì la porta, s'inoltrò con passo fermo fra le trincee che difendevano la capanna e si fermò sull'orlo della gran rupe, alla cui base ruggiva furiosamente il mare.
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