Verso la mezzanotte, nel momento in cui passavano dinanzi alle Tre Isole che sono le sentinelle avanzate di Labuan, Sandokan comparve sul ponte. Era sempre in preda ad una viva agitazione. Si mise a passeggiare da prua a poppa, colle braccia incrociate, rinchiuso in un feroce silenzio. Però di tratto in tratto si arrestava per scrutare la nera superficie del mare, saliva sulle murate per abbracciare un maggiore orizzonte, e poi si curvava e stava in ascolto. Cosa cercava di udire? Forse il brontolio di qualche macchina che indicasse la presenza di un incrociatore, oppure il fragore delle onde rompentisi sulle coste di Labuan?
Alle tre del mattino, quando gli astri cominciavano ad impallidire, Sandokan gridò:
— Labuan!
Infatti, verso est, là dove il mare si confondeva coll'orizzonte, appariva confusamente una sottile linea oscura.
— Labuan — ripetè il pirata, respirando, come se gli si fosse levato un gran peso che opprimevagli il cuore.
— Dobbiamo andare innanzi? — chiese Patan.
— Sì — rispose la Tigre. — Entreremo nel fiumicello che già conosci.
Il comando fu trasmesso a Giro-Batol e i due legni si diressero in silenzio verso l'isola sospirata.
Labuan, la cui superficie non oltrepassa i 116 chilometri quadrati, non era in quei tempi l'importante stazione navale che è oggidì.
Occupata nel 1847 da sir Rodney Mandy, comandante dell'Iris, per ordine del governo inglese che mirava a sopprimere la pirateria, non contava allora che un migliaio di abitanti, quasi tutti di razza malese e forse duecento bianchi.
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