Un fumo rossastro sfuggiva dalla ciminiera del vascello da guerra. Si udivano le ruote mordere affrettatamente le acque, i brontolii rauchi delle caldaie, i comandi degli ufficiali, i passi precipitati degli uomini. Tutti si affrettarono a correre ai loro posti di combattimento.
I due fanali furono veduti cambiare posizione. Il vascello correva addosso al piccolo legno corsaro per tagliargli la ritirata.
— Prepariamoci a morire da prodi! — gridò Sandokan, il quale ormai non s'illudeva sull'esito di quella tremenda pugna.
Un urlo solo vi rispose:
— Viva la Tigre della Malesia!
Sandokan, con un vigoroso colpo di barra, virò di bordo, e mentre i suoi uomini orientavano rapidamente le vele, spinse il legno incontro al vascello per tentare di abbordarlo e scagliare i suoi uomini sul ponte del nemico.
Il cannoneggiamento cominciò ben presto da una parte e dall'altra. Si sparava a palla ed a mitraglia.
— Orsù, tigrotti, all'arrembaggio! — tuonò Sandokan. — La partita non è eguale, ma noi siamo le tigri di Mompracem!
L'incrociatore si avanzava rapidamente, mostrando il suo acuto sperone e rompendo le tenebre ed il silenzio con un furioso cannoneggiamento. Il praho, vero giuocattolo di fronte a quel gigante, a cui bastava un solo urto per mandarlo a picco spaccato in due, con un'audacia incredibile assaliva pure, cannoneggiando meglio che poteva.
La partita però, come aveva detto Sandokan, non era eguale, anzi era troppo disuguale. Nulla poteva tentare quel piccolo legno contro quella poderosa nave costruita in ferro, e armata potentemente.
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