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      Il legno da guerra virava allora di bordo, a meno di trecento metri. Si avanzò verso il luogo dove si era inabissato il pirata, colla speranza di sbranarlo sotto le ruote, poi tornò a virare.
      Si arrestò un momento, come se volesse scrutare quel tratto di mare da lui agitato, poi ripigliò la marcia tagliando in tutti i versi quella porzione d'acqua, mentre i marinai, calatisi nella rete della delfiniera e sulle bancazze, proiettavano per ogni dove la luce di alcuni fanali.
      Convinto dell'inutilità delle ricerche, alla fine s'allontanò in direzione di Labuan.
      La Tigre emise allora un grido di furore.
      — Va', vascello esecrato! — esclamò. — Va', ma verrà il giorno in cui ti mostrerò quanto sia terribile la mia vendetta!
      Si passò la fascia sulla sanguinante ferita, per arrestare l'emorragia che poteva ucciderlo, poi, raccogliendo le proprie forze, si mise a nuotare, cercando le spiagge dell'isola.
      Venti volte però il formidabile uomo si arrestò per guardare il legno da guerra che appena appena distingueva e per lanciargli dietro una terribile minaccia. Vi erano certi momenti in cui quel pirata, ferito forse mortalmente, forse ancora assai lontano dalle coste dell'isola, si metteva ad inseguire quel legno che gli aveva fatto mordere la polvere e lo sfidava con urla che più nulla avevano di umano.
      La ragione finalmente la vinse, e Sandokan riprese il faticoso esercizio scrutando le tenebre che gli nascondevano le coste di Labuan. Nuotò così per parecchio tempo, fermandosi di tratto in tratto per riprendere lena e sbarazzarsi delle vesti che lo impacciavano, poi sentì che le forze gli venivano rapidamente meno.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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