Estinse la sete, bagnò nuovamente la ferita, poi si prese il capo fra le mani e fissò gli sguardi sul mare che veniva a frangersi a pochi passi, gorgogliando sordamente.
— Ah! — esclamò egli, digrignando i denti. — Chi avrebbe detto che un giorno i leopardi di Labuan avrebbero vinte le tigri di Mompracem?
«Chi avrebbe detto che io, l'invincibile Tigre della Malesia, sarei approdato qui, sconfitto e ferito? Ed a quando la vendetta? La vendetta!... Tutti i miei prahos, le mie isole, i miei uomini, i miei tesori pur di distruggere questi odiati uomini bianchi che mi disputano questo mare!
«Cosa importa se oggi mi hanno fatto mordere la polvere, quando fra un mese o due tornerò qui coi miei legni a lanciare su queste spiagge le mie formidabili bande assetate di sangue?
«Cosa importa se oggi il leopardo inglese va superbo della sua vittoria? Sarà lui allora che cadrà moribondo ai miei piedi!
«Tremino allora tutti gli inglesi di Labuan, perché mostrerò alla luce degli incendi la mia sanguinosa bandiera!»
Il pirata, così parlando, si era nuovamente rialzato cogli occhi fiammeggianti, agitando minacciosamente la destra come se stringesse ancora la terribile scimitarra, fremente, tremendo. Anche ferito era pur sempre l'indomabile Tigre della Malesia.
— Pazienza per ora, Sandokan — riprese egli, ricadendo fra le erbe e gli sterpi.
— Guarirò, dovessi vivere un mese, due, tre in questa foresta e cibarmi di ostriche e di frutta; ma quando avrò ricuperate le mie forze tornerò a Mompracem, dovessi costruirmi una zattera o assalire una canoa ed espugnarla a colpi di kriss.
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