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      — Guarda! — esclamò, ritornando verso la finestra ed esponendo la fronte ardente alla fresca aria della notte. — Qui la felicità, qui una nuova vita, qui una nuova ebbrezza, dolce, tranquilla; laggiù Mompracem, una vita tempestosa, uragani di ferro, tuonar di artiglierie, carneficine sanguinose, i miei rapidi prahos, i miei tigrotti, il mio buon Yanez!.. Quale di queste due vite?
      «Eppure tutto il mio sangue arde, quando io penso a questi fanciulla che mi ha fatto battere il cuore ancora prima che la vedessi, e nelle vene mi sento correre del bronzo fuso, quando io penso a lei! Si direbbe che io l'antepongo ai miei tigrotti e alle mie vendette! Eppur sento vergogne di me, pensando che ella è figlia di quella razza che io odio così profondamente! Se la dimenticassi?
      «Ah! tu sanguini mio povero cuore, tu non lo vuoi adunque?
      «Prima ero il terrore di questi mari, prima non avevo mai saputo cosa fosse affetto, prima non avevo gustato che l'ebbrezza delle battaglie e del sangue... ed or sento che non potrei gustare più nulla lontano da lei!...»
      Si tacque porgendo ascolto allo stormire delle fronde e al sibilo del suo sangue.
      — E se frapponessi fra me e quella donna divina la foresta, poi il mare, poi dell'odio?... — riprese egli. — Dell'odio! E potrei io odiare costei? Eppure bisogna che io fugga, che ritorni alla mia Mompracem, fra i miei tigrotti!... Se io rimanessi qui la febbre finirebbe per divorare tutta la mia energia, sento che spegnerei per sempre la mia potenza, che non sarei più la Tigre della Malesia.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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