— Mia! Tu sei mia! — esclamò egli delirante, fuori di sé. — Parla ora o mia adorata, dimmi che cosa io posso fare per te, che tutto mi è possibile.
«Se vuoi andrò a rovesciare un sultano per darti un regno, se vorrai essere immensamente ricca io andrò a saccheggiare i templi dell'India e della Birmania, per coprirti di diamanti e di oro; se vuoi io mi farò inglese; se vuoi che io rinunci per sempre alle mie vendette e che il pirata scompaia, andrò a incendiare i miei prahos, onde non possano più corseggiare, andrò a disperdere i miei tigrotti, andrò ad inchiodare i miei cannoni, onde non possano più ruggire e distruggerò il mio covo.
«Parla, dimmi ciò che vuoi; chiedimi l'impossibile e io lo farò. Per te mi sentirei capace di sollevare il mondo e di precipitarlo attraverso gli spazi del cielo.» La giovanetta si chinò verso di lui sorridendo, cingendogli colle delicate manine il robusto collo.
— No, mio valoroso, — disse, — non chiedo altro che la felicità accanto a te. Portami lontana, in un'isola qualunque, ma dove tu possa sposarmi senza pericoli, senza ansie.
— Sì, se tu lo vorrai, ti porterò in una lontana isola, coperta di fiori e di boschi, dove tu non udrai più parlare della tua Labuan, né io della mia Mompracem, in un'isola incantata del grande oceano dove potremo vivere felici come due colombi innamorati; il terribile pirata che si è lasciato dietro torrenti di sangue e la gentile «Perla di Labuan». Tu verrai, Marianna?
— Sì, Sandokan, io verrò. Odimi ora, un pericolo ti sovrasta, forse un tradimento si sta tramando in questi momenti contro di te.
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