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— Non minacciate, milord, poiché la Tigre sarebbe capace di mordere la mano che l'ha curata.
— Uscite, vi dico.
— Fate prima ritirare quegli uomini.
— A noi due dunque o Tigre della Malesia — urlò il lord, sguainando la sciabola e chiudendo la porta.
— Ah! Lo sapevo io che avreste cercato di assassinarmi a tradimento — disse Sandokan. — Orsù, milord, apritemi il passo o io mi getto contro di voi.
Il lord, invece di ubbidire, staccò da un chiodo un corno e lanciò una nota acuta.
— Ah traditore! — gridò Sandokan, che si sentì ribollire il sangue nelle vene.
— È tempo o sciagurato che tu cada nelle nostre mani — disse il lord. — Fra pochi minuti i soldati saranno qui e fra ventiquattro ore sarai appiccato. Sandokan mandò un sordo ruggito. Con un salto da felino s'impadronì di una pesante sedia e si slanciò sulla tavola che stava in mezzo alla sala.
Faceva paura; i suoi lineamenti erano ferocemente contratti pel furore, i suoi occhi parevano mandare fiamme, ed un sorriso di belva gli errava sulle labbra. In quell'istante si udì al di fuori uno squillo di tromba e nel corridoio una voce, quella di Marianna, gridare disperatamente:
— Fuggi, Sandokan!...
— Sangue!... Vedo sangue! — urlò il pirata.
Sollevò la sedia e la scagliò con forza irresistibile contro il lord, il quale, colpito in pieno petto, stramazzò pesantemente al suolo. Pronto come il lampo, Sandokan gli fu sopra col kriss alzato.
— Uccidimi, assassino — rantolò il lord.
— Rammentatevi ciò che vi dissi giorni sono — disse il pirata.
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