Lo guardò tranquillamente, ma con due occhi che mandavano strani bagliori, in mezzo a quella profonda oscurità, e proruppe in uno scroscio di risa.
— Perché ridete? — chiese il sergente, sconcertato e stupito. — Mi pare che non sia il momento.
— Rido perché mi sembra strano che tu osi minacciarmi di morte — rispose Sandokan. — Sai chi sono io?
— Il capo dei pirati di Mompracem.
— Ne sei ben certo? — chiese Sandokan, la cui voce sibilava in istrano modo.
— Oh! Scommetterei una settimana della mia paga contro un penny, che io non mi inganno.
— Infatti io sono la Tigre della Malesia!
— Ah!...
I due uomini, Sandokan beffardo, minaccioso, sicuro di sé e l'altro, spaventato di trovarsi solo dinanzi a quell'uomo, il cui valore era leggendario, ma risoluto a non retrocedere, si guardarono in silenzio per alcuni minuti.
— Orsù! Willis, vieni a prendermi — disse Sandokan.
— Willis! — esclamò il soldato, preso da un superstizioso terrore. — Come sapete il mio nome?
— Nulla può ignorare un uomo fuggito dall'inferno — disse la Tigre, sogghignando.
— Voi mi fate paura.
— Paura! — esclamò Sandokan. — Willis sai che vedo sangue!...
Il soldato che aveva abbassato il fucile, sorpreso, spaventato, non sapendo più se aveva dinanzi un uomo o un demonio, retrocesse vivamente, curando di prenderlo di mira, ma Sandokan, che non lo perdeva di vista, in un baleno gli fu addosso, rovesciandolo a terra.
— Grazia! Grazia! — balbettò il povero sergente, che si vide dinanzi la punta della sciabola.
— Ti dono la vita — disse Sandokan.
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